misterEzio libro : torniamo a giocare a calcio


"ALLENARE LA PRESTAZIONE"





L'obbiettivo è sempre quello: vincere.
Nel 2020 mi rendo conto quanto dispiacere  e male  ha fatto al calcio questa strampalata convinzione. Le società hanno sempre progammato con la pancia e solo il presente e senza pazienza.... Chiediamolo a quanti ragazzi , in prospettiva bravi, hanno abbandonato, magari  perchè  non giocavano  mai o poco , i famosi ultimi 5 minuti....e  si doveva o si deve sempre e comunque  vincere. Oltre  i giovani chi ne ha fatto le spese?  purtroppo anche i bacini, cioè i settori giovanili, le attività di base e infine le società. 
Mi chiedo ancora ma chi sono i veri macellai di questo autentico fallimento social sportivo calcistico? purtroppo mi dispiace ammetterlo ma  noi adulti abbiamo fatto la nostra disastrosa parte   e la nostra arroganza ci ha portato di uscire dalla rotta.Il sistema calcio, i vai settori giovanili così come sono fanno acqua da tutte le parti e sono la dimostrazione del fallimento social sportivo.Considerazioni  che testimoniano le problematiche dei settori giovanili e il calcio giovanile: scuola calcio: primi calci-pulcini-esordienti. Molti allenatori preferiscono ....ancora una volta siamo noi adulti.....
ETA  5.... 10...../15 .....20 ANNI.
Negli ultimi dieci anni tantissimi settori giovanili del calcio nella provincia di Vicenza hanno gestito le proprie squadre ponendosi due principali obiettivi: 
 1) il risultato che deve arrivare a tutti i costi; 
 2) la ricerca nei propri vivai del “fenomeno calcistico” del futuro. L’ostinazione di voler primeggiare sempre e la ricerca del massimo della performance in tutte le occasioni, si sono rivelati negativamente fatali. Questo atteggiamento ha comportato infatti un alto numero di abbandoni da parte dei giovani nello sport di squadra, in particolare nel calcio. Si è aperta la forbice del Droop Aut,  l abbandono precoce al gioco del calcio.
  I  malposti principi sportivi sono il frutto di  un fiasco  insuccesso social-sportivo! calcistico?
I  tecnici, molte società, per raggiungere risultati a tutti i costi hanno fatto, per esempio, giocare sempre gli stessi giocatori in quasi tutte le partite togliendo ad  agli altri ragazzi il diritto di giocare. I giovani calciatori a parer mio devono avere la possibilità di giocare, di sentirsi partecipi e di divertirsi senza il timore di essere allontanati perché non bravi. Oggi si assiste ad un fatto senza  precedenti. Molte società per mancanza di giocatori, sono costrette a fondersi con altre per formare squadre del proprio settore giovanile, senza contare la scomparsa, negli ultimi anni, di moltissime società.  Ciò potrebbe essere dovuto ad “annate con poche nascite” o alla concorrenza di altri sport! Personalmente credo che questa situazione sia riconducibile al frequente numero di abbandoni à dell’attivita sportiva da parte di giocatori che si ritrovano a fare i conti con l’unico obiettivo della vittoria a tutti i costi che deve essere raggiunta con tutti i mezzi.Il giovane giocatore se non gioca e prova piacere si annoia e smette.




La competizione e la combattività sono portate così a livelli insopportabili e troppo esasperati. Si rischiano di trascurare nel giocatore la capacità di sopportazione e di rielaborazione della sconfitta che viene invece vissuta come totale fallimento, dimenticando che il giovane calciatore ha come unico vero obiettivo il voler giocare, il voler sentirsi parte e partecipe del gruppo. In questi anni i mister hanno colpevolmente trascurato l’insegnamento alla corretta educazione alla competizione e i nobili valori che lo sport insegna come entusiasmo, passione, umiltà, divertimento, convinzione, reciprocità, sacrificio, impegno, lealtà, spirito di gruppo.  L'aver sottovalutato, o meglio allontanato tutto ciò ha comportato un fallimento educativo nell’avviamento dei giovani al calcio e come detto sopra,provocato l’abbandono del calcio da parte di tantissimi giovani. Il voler ignorare che il calcio è prima di tutto un gioco e per giunta divertente e coinvolgente ha fatto dimenticare che il bambino gareggia, per natura, e il suo fine non è solo la vittoria ma il gioco stesso……."Non vengo più perché giocano sempre gli stessi!" frase che ho sentito da ragazzi troppe volte! Non posso riconoscere che gli allenatori hanno grandi responsabilità in questo fallimento, troppi tecnici e pochi mister preparati sensibili e capaci.Mi rendo conto che qualche volta è un impresa riuscire a far giocare tutti e allenare con sani principi è complesso e difficile,  ma l'importante e provarci e crederci,  supetare l'errore . Si può cadere ma l' importante e rialzarsi e continuare con ancora più forza e convinzione. Sparare al mister e alla società è molte volte molto più facile che volere invece avere la volontà di creare un rapporto di comunicazione di  crescita, tutto a vantaggio del giovane giocatore,specialmente come nel mio caso in cui penso sempre che il genitore sia una risorsa positiva..
Il calcio è la metafora della vita e come succede nella vita si puo’ vincere e perdere, così lo sport insegna. Non ci si deve  mai scoraggiare o avere paura del risultato; non conta quanto si perde ma l’importante  è giocare e il mister ci deve provare a far giocare tutti specialmente nei primi calci, scuola calcio pulcini ed esordienti, con un po' di più coraggio (anche se mi rendo conto che non è sempre così facile) mettendo così  il giovane giocatore nelle condizione di continuare a giocare.
Penso che ci sia bisogno di cambiare rotta, di riscoprire il valore educativo e formativo della competizione, dello sport: una buona educazione e formazione al gioco di squadra fanno sì che i risultati e la competizione stessa diventino occasione di crescita dove lo spirito competitivo si trasforma in uno stimolo necessario e positivo ma non unico e predominante! Sono d’accordo con chi afferma che:  "la competizione è un impareggiabile forma di dialogo e di comunicazione con sè stessi e con gli altri avversari e compagni" non ho mai conosciuto un giocatore che andasse in campo per perdere!!!!!
Questa educazione alla "buona e sana competizione" è responsabilità del mister che ha l’importante compito di accompagnare la crescita del giovane giocatore, in un clima disteso stimolante e positivo aldilà dei risultati. Troppo spesso ci si dimentica dell’aspetto ludico, del divertimento fine a sé stesso, della socializzazione che il gioco del calcio invece favorisce e porta con sé


E' giusto e logico che il giovane giocatore possa vivere la sua passione per il calcio con la giusta serenità, ma AHIME'  alle volte viene minata dal conportamento di MISTER GENITORI E PRESIDENTI E DIRIGENTI  eccessivamente protezionisti e invadenti. Questo agli occhi del ragazzo non fa' bene e non viene sempre capito e apprezzato. Io penso che ogni genitore dovrebbe solamente chiedere al proprio figlio, dopo l'allenamento, se si è divertito....null'altro e lasciare  crescere e vivere la sua passione con distacco .  Solo così  impara  a  superare  e rielaborare qualche sana frustrazione come essere presente nei titolari o non giocare cioè vivere la competizione con serenità  ecc...l'eccessiva invadenza può comportare in futuro  a delle dificenze a qualche incompresione.....o addirittura ad un fallimento educativo.
Lasciamoli  in pace e GIOCARE e crescere le proprie passioni con le proprie  forze e auto motivazioni. Noi genitori e allenatori abbiamo il 'solo compito' di accompagnarli nella loro crescita senza stendere  troppi tappeti  (vedi qualche genitore eccessivamente apprensivo) o  quant'altro, senza creare delle scorciatoie.
Insegnamo loro piuttosto che fare sport significa anche sacrificio, 'correre significa sudare',  impegno, e costanza,  senza dimenticare che per esempio  l'impegno scolastico deve essere direttamente proporzionale all'impegno nella  attività sportiva.Il genitore dovrebbe capire che nella relazione sociale che lo sport di sq. come il calcio vi è sempre un arrichimento personale, un qualcosa in più che stimola la crescita del singolo giovane giocatore, e di conseguenza della persona al di là di chi gioca nel primo o secondo tempo.
Il giovane giocatore è molto più preparato ad incassare e rielaborare una partita o prestazione mal svolta .......ma l'adulto il papà ...la mamma......la esasperano a livelli non sempre comprensibili al giovane giocatore! 
Spesso l'adulto valuta e giudica le prestazione del proprio figlio da un punto di vista diverso, e più esasperato, del proprio giovane figlio....cioè dal proprio egoistico punto di vista....di adulto con aspettative troppo esasperate. 
Forse è da queste premesse che si deve ripartire per rimettere al centro il giocatore e il suo desiderio di "giocare". Il mister deve accompagnare il ragazzo nella crescita calcistica e umana ma con equilibrio e serenità, ricordando sempre che se lo sport è vissuto come divertimento e passione,si raggiunge il più alto impegno.
Mi permetto un'ultima considerazione: noto con tristezza che il livello  di preparazione dei mister si è abbassato molto di qualità negli ultimi anni; c'è poca predisposizione allo studio, all'aggiornamento, al confronto, al coraggio, alla creatività....  Ci sono troppi "Tecnici" superficiali, forse arroganti ma  pochi allenatori veramente preparati! Io ritengo che nei settori giovanili dobbiamo curare maggiormente la "relazione educativa" intesa come rapporto interpersonale con i ragazzi .  Tutti vogliamo che il giovane calciatore migliori, cresca  calcisticamente in modo appropriato e sereno, e  per   ottenere dei cambiamenti, dei miglioramenti.
Se si vogliono cittadini, persone  di domani equilibrate e con il buon senso civico e morale, non può essere trascurata anche la componente educativa del giovani,  trasmessa dagli adulti stessi....
grazie




Invertiamo la rotta 
misterEzio

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