Bio - Banding .Un metodo di gestire l'allenamento nella attività di base. E' utile veramente anche per le categorie dilettanti della attività di base?
In questo post vorrei affrontare la metodologia del Bio - Banding che sta prendendo piede negli allenamenti, in particolare nelle categorie della attività di base. E' nata una nuova metodologia che dovrebbe servire ad agevolare e migliorare l'apprendimento del giovane giocatore durante l'allenamento. L'allenamento, come dice il metodo, viene organizzato formando gruppi il più omogenei possibile sotto l'aspetto fisico e delle abilità. Probabilmente è utile farlo alle squadre dell'attività di base professionisti ma sinceramente, penso che per il mondo dilettantistico sia poco perseguibile. Questo metodo prevede che, durante gli allenamenti, ci sia una suddivisione, in più gruppi, dei giocatori in base alle abilità, alle capacita alle caratteristiche associate alla crescita e alla maturazione piuttosto che all'età cronologica. Questo metodo dovrebbe ridurre gli infortuni nello sport giovanile, mi chiedo che tipo di infortuni e inoltre, applicandolo, dovrebbe migliorare la qualità di prestazione di ciascun giocatore. Non sono convinto. Gli infortuni di cui si vuole prevenire sono di contatto, di gioco oppure di non contatto (muscolari)? I malesseri che nella età evolutiva i ragazzi attraversano, come dolori o altro, sono dovuti essenzialmente alla crescita disorganizzata della pubertà e della adolescenza e preadolescenza, condizione inevitabilmente presente nei giocatori della attività di base. Periodo naturale di crescita che presenta uno sviluppo e crescita disarmoniche. L'ambiente naturale della partita, è composto dalla presenza di giocatori con "picchi di crescita" diversi e con differenti capacità di coordinazione motoria (spesso anche goffa) che fisica come l'altezza. Penso che gli allenamenti devono ispirarsi alla partita reale, senza fare distinzioni di forma. Mi sembra un eccesso di zelo, sono approfondimenti eccessivi che si discostano da quello che accade nella partita reale. Non mi convince l'utilità del metodo. Alleno nella attività di base e più precisamente la categoria degli esordienti di una società dilettante da molti anni; da noi, nella attività di base , si presenta naturalmente l'inevitabile marcata differenza, nella stessa categoria, fra età cronologica e crescita biologica, inoltre sto assistendo ad un altro fenomeno, che è il sovrappeso, causato principalmente dalla sedentarietà. Questa differenza si nota anche anche nelle partite di campionato o amichevoli. Ritengo che nelle partite di campionato ci siano naturalmente differenze fisiche nei ragazzi che sono in campo, questo accade anche in categorie dei più grandi, se facessi allenamenti con gruppi differenziati mi allontanerei dalla realtà della partita. Concordo di fare lavori differenziati e specifici con i ragazzi più immaturi, per aiutarli a migliorare tecnicamente ecc.., ma non di fare gruppi differenziati, per altri motivi di crescita fisiologica o altro. Mi chiedo: perchè dovrei in allenamento suddividere il gruppo squadra in gruppi omogenei, quando in partita reale non accade? La selezione fatta a gruppi omogenei in allenamento per me discorda con la realtà del gioco. Dal mio punto di vista l'apprendimento funziona in maniera più accelerata con gruppi eterogenei. I meno dotati vengono stimolati a provare ed a insistere, per imparare, mentre i più dotati imparano rendersi utili con tutti e trainare; essendo loro dei riferimenti per il gruppo, sono stimolati a loro volta a superarsi e migliorare, mettendosi a disposizione dell'altro... E' comunque il mister, la sua credibilità e convinzione è l'autentico ago della bilancia per quanto riguarda l'apprendimento e la decisione di come strutturare i gruppi. E' altresì determinante la comunicazione convincente del mister. Lui è centrale per creare i presupposti per ottenere il massimo ed efficacie apprendimento. Vorrei fare un affermazione che per alcuni può sembrare banale. Io penso che "Per imparare a nuotare serve l'acqua alta e non dove si tocca cioè l'acqua bassa o dove si tocca😉", scusate il paradosso. Penso che sia la diversità fisica , a parità cronologica, un ulteriore stimolo di adattamento e ottenimento del massimo impegno e della massima attenzione da parte di tutti. In uno sport, come il calcio in cui la imprevedibilità è una condizione inevitabile, voler rendere lineare l'allenamento creando gruppi omogenei, lo trovo una idea che và in direzione opposta rispetto a quel che accade in partita reale. Sono nato negli anni 60 e ho vissuto in prima persona quello che era :
Ritengo che sia stato un fenomeno social - sportivo giovanile importante. Noi ragazzi, allora, giocavamo ovunque, bastava un pallone e uno spazio che inizialmente erano anche le strade cittadine secondarie , ricordo che in alcuni casi erano le automobili a rallentare, quasi per rispetto del gioco del calcio. Gradualmente a causa dell'aumento delle macchine, abbandonammo le strade ci spostammo nei giardini, nei prati e nelle strutture di campi da calcio (molto più numerose e gratuite di adesso) e infine successivamente in oratorio. Luogo vivo di interazione fra i giovani, in cui ci si poteva incontrare e si svolgere più sport, infatti oltre al calcio, si giocava a pallavolo e alla pallacanestro, tutti sport (gratuiti) e organizzati da noi ragazzi. Senza mai preoccuparsi della struttura fisica o della età cronologica dell'avversario, anzi spesso si cercava di accaparrare nella propria squadra i più bravi e spesso erano i più piccoli di statura. Di certo la differenza fisica o l'età non era un problema, non faceva differenza; l'importante era giocare a calcio e mettersi alla prova anche con i più grandi. Così si imparava a giocare naturalmente. Non voglio fare polemica ma sento webinar o allenatori che hanno circa 40 anni o giù di lì, rivendicare di aver vissuto il "calcio di strada" ho seri dubbi e ho molte perplessità. Io ho 60 anni e posso testimoniare di averlo vissuto realmente. Scusate la divagazione ma era una precisione che da molto tempo volevo chiarire. Tornando a raccontare il periodo, "il calcio di strada", il concetto positivo, semplice, che ha trasmesso ai giovani è che il GIOCO e fare sport erano i veri protagonisti della crescita. Dovremo attingere nel creare nuove idee e metodologie calcistiche, osservando con accuratezza quel periodo, che dal mio punto di vista e un esempio da seguire a cui ispirare gli allenamenti . Fra l'atro è stato un incredibile "palestra" di calcio da cui si sono affermati tantissimi campioni e autentici fenomeni calcistici. Deve essere chiaro a tutte queste mie riflessioni sono frutto della mia esperienza e non hanno nessun fondamento scientifico, anzi l'unico riscontro è il campo e il mio "Occhiometro".
MisterEzio