Premesse
della programmazione
Rapidamente riassumo nel grafico sotto i principi che regolano il programma utile per allenare nella attività di base.
INTRODUZIONE:
Il post che presento oggi è una lettura impegnativa con continui riferimenti e osservazioni reali e pratiche di come allenare nella attività di base , prendendo come riferimento la categoria degli esordienti. Tutte considerazioni che possono essere utili agli allenatori della attività di base. Mi rendo conto che le riflessioni che presento sono molteplici e non di facile comprensione😌. In questo post vorrei far comprendere quanto sia diverso allenare oggi nella attività di base rispetto a pochi anni fà. Abbiamo di fronte generazioni completamente diverse rispetto a prima. Noi adulti e mister dobbiamo adeguarci e avere una maggiore attenzione nei loro riguardi, nella comunicazione e nella comprensione che mettiamo in atto.
MisterEzio
BUONA LETTURA😄
In questo post vorrei descrivere e approfondire i molti aspetti e le tante sfaccettature comportamentali che rispecchiano i ragazzi che giocano nella categoria della attività di base nella squadra degli esordienti. L’età dei ragazzi è compresa fra i 10 e 12 anni. L'arrivo a questa categoria coincide con un cambiamento importante che riguarda lo sviluppo della crescita personale. Analizzo una fase di sviluppo del giovane giocatore molto delicata e articolata. La squadra è composta da ragazzi profondamente diversi fra loro, con vari livelli di maturità sia fisica che psicologica. È Tra le squadre della attività di base che ritengo sia la più
complessa da allenare. Esamino le proprietà di
questa categoria
con approfondimenti che partono
da un punto di osservazione che riconosce in maniera evidente i
diversi cambiamenti relazionali, emotivi
e sociali delle nuove generazioni
rispetto a quelle del passato. Questo significa che il mister deve comunicare
con i ragazzi evitando metodi classici come quello autoritario ma ricercare
altri modi e dimostrare di avere una efficace autorevolezza. Il
risultato del post è inquadrare con più dettagli chi sono i ragazzi che ne
fanno parte. Un passaggio determinante che influisce molto nella crescita della personalità. L'argomento principale è la descrizione, sotto
l'aspetto psico fisico relazionale, di ragazzi di 10,11 e 12 anni che lasciano
la categoria dei pulcini, frequentata per due anni, per approdare nella nuova categoria degli esordienti, per un altro biennio. La
svolta non è indolore, al contrario è una fase molto delicata. Per loro è
l'inizio di un cambiamento fondamentale. È una fascia d'età molto delicata e in
cui c'è in gioco la futura crescita e
sviluppo della personalità del ragazzo. Giocare e appartenere ad un gruppo per il ragazzo è un salvagente. In
questa categoria i ragazzi iniziano un nuovo percorso di vita sociale e personale non
proprio facile da gestire e per loro
complicato, in quanto si affacciano alla vita reale. Con la volontà di ricercare la propria autonomia. Escono dalla scuola elementare e
iniziano le scuole medie, apprendono nuove
relazioni , nuove esperienze e
nuove responsabilità. È un
cambiamento notevole, delinea il passaggio del fanciullo a una nuova fase
evolutiva come l’adolescenza. Coincide,
nella attività di base l’inizio di una
nuova avventura: giocare nella squadra
degli esordienti. Il ragazzo inizia a mettere alla prova la propria resilienza e la capacità ad adattarsi a questa nuova realtà sociale. Con
maggiore consapevolezza, in prima persona. Con il gruppo squadra condivide, in maniera più consapevole, le prime amarezze, le sconfitte,
le frustrazioni, le soddisfazioni
, uscendo dal seminato del
"narcisismo familiare". In questa particolare fase di crescita e nei due anni di
appartenenza in questa categoria, il giovane giocatore vive nuove esperienze e
cambiamenti psico fisici e relazionali. I ragazzi in questa fase delicata, intraprendono un notevole cambiamento personale che
riassumo in un triplo salto in avanti. Il primo salto, che ho già esposto, è la fine della scuola elementare per
passare alle scuole medie. Per loro significa uscire quasi definitivamente dalla
fanciullezza. Il secondo salto è nel sistema di gioco imposto dalla categoria
degli esordienti. Infatti non giocano più le partite di campionato, come capitava nella categoria dei pulcini, in sette e in un rettangolo di gioco molto limitato e spesso
nella larghezza del campo stesso ma iniziano a giocare, se pur con 9 giocatori, nella lunghezza del campo naturale e con
porte più grandi. Il terzo salto è rappresentato dall'uscita dal protezionismo comodo, tranquillo e ovattato,
dell' ambiente famigliare, in cui i genitori (benevolmente)
fanno credere ai figli che tutto è possibile, idealizzando un modello di vita
senza disagi e frustrazioni promovendo una crescita in cui è al centro è
l'individualismo dello stesso bambino,
quando noi adulti sappiamo che vivere nella realtà di tutti i
giorni è diverso e più complesso. È l'amore verso il figlio che spinge il genitore a puntare sempre più in alto e a ricercare in maniera esagerata il successo. Al
passaggio alla categoria degli esordienti, il bambino è come rompesse la bolla, in cui erano protetti, in tutto per tutto,
dai genitori. Iniziano con le loro forze e capacità a conoscere le prime
frustrazioni e le prime difficoltà e le prime sconfitte. Realizzano che
non riescono a portare a termine, nel
contesto reale, le aspettative idealizzate, in precedenza, assieme ai genitori. Più il bambino, nei primi dieci anni, viene protetto, cullato e alimentato dall'individualismo, al narcisismo , al protezionismo e più difficoltà troverà nel rielaborare e superare le
frustrazioni reali. Accade
così che spesso gli errori e le sconfitte vengono vissute come fallimento. Solo con l'aiuto di un mister autorevole riesce a superarle e crescere. Nei ultimi anni, la
società ha migliorato la comunicazione a distanza con nuove conoscenze e ci
sono stati rapidi progressi tecnologici
dei dispositivi elettronici e l'avvenuta di internet. La velocità e la quantità di
proposte ha determinato ad un uso
prematuro, in maniera ossessiva da parte
di tutti e sono risultati incontrollabili da gestire. Spesso però la
promulgazione, l'uso di queste tecnologie, i progressi e la comunicazione e i
risultati comunque hanno promosso una più completa informazione.
I giovani e non solo, ne hanno fatto un uso esagerato e non sempre corretto.
Tutto è fruibile facilmente, la società è diventata più precoce e di
conseguenza nella vita dei ragazzi, si sono anticipate le tappe di crescita. Già negli anni di
appartenenza alla categoria degli
esordienti entrano nella preadolescenza l'adolescenza. Sono termini che
includono e precedono sempre dei riferimenti diretti ai cambiamenti fisici e
prevedono nuovi processi intellettuali e
cognitivi anche della vita affettiva sociale .Mentre lo sviluppo fisico è attraversato da una serie di cambiamenti, espressione della pubertà, che si manifestano sproporzionati e disorganizzati. I mutamenti del corpo sono disarmonici e si affinano solo in seguito. Cambiamenti che mettono alla prova l'equilibrio del proprio "io" risultato di una espansione del narcisismo coltivato, fino a prima, all'interno del nucleo famigliare. Lo sviluppo rapido e la crescita fisica sono disarmonici e disgiunti rispetto alle aspettative del ragazzo al quale capita di provare un sentimento di vergogna, di scompiglio entrando in una crisi emotiva esistenziale. La "dismorfobia" cioè la paura dei cambiamenti corporei suscitano sentimenti di insicurezza sia nei confronti di se stesso che con gli altri. E' senza dubbio più giusto parlare, in questa fase, di crisi personale, di conflitto interno, di stallo esistenziale ed evolutivo. Tutti i cambiamenti che da qui in avanti creano una "incertezza della propria identità". La considero una categoria apripista, un passaggio, un età, che porta al ragazzo nuovi stimoli di crescita in cui il giovane inizia con maggiore consapevolezza, la reale esperienza della vita sportiva e personale. L'inizio della adolescenza è da considerare, per il ragazzo, come una seconda nascita sociale, una fase particolarmente delicata e complessa che prevede una ampia capacità di adattamento agli eventi nuovi che percorre. Avvenimenti non sono sempre positivi che deve rielaborare e alle volte non semplici da superare . Dal momento in cui entra a fare parte della squadra dei esordienti, ricerca nuovi modelli, nuove sfide, nuovi processi più stimolanti rispetto a quelli ricevuti dai genitori nell'infanzia in cui l'obiettivo è stato "Rendere felici i propri figli". Per il ragazzo, giungere a trovare la indipendente personalità, non più suggerita dai genitori, è un nuovo percorso identitario. Nello stesso tempo arriva la pubertà cioè la crescita biologica, che porta con sè dai dieci anni circa, uno sviluppo fisico con cambiamenti incerti e instabili, disorganizzati, non lineari. Crescita fisica che crea disagio e influisce nella fragilità del ragazzo. Da questo momento in avanti i genitori non riescono più essere convincenti e il precedente investimento sul bambino improntato a sodisfare le sue necessità, non vale più. Inizia un processo lento di separazione. La successiva fase di vita del ragazzo, dopo la fanciullezza, coincide con il partecipare alla categoria degli esordienti, impatta in una realtà, non più idealizzata sempre serena, scontata e probabile ma al contrario reale e gli crea frustrazioni conosce il valore delle sconfitte che spesso le legge come fallimenti. Molte delusioni che stravolgono i piani idealizzati degli anni della fanciullezza. Iniziano a vivere un terremoto emotivo causato dalla differente nuova realtà che contrasta con la comunicazione serena, trasmessa negli anni precedenti dai genitori. La ricerca continua dei genitori di creare un clima famigliare e sociale "perfetto" con l'obiettivo di rendere felici i figli enfatizzando egocentrismo terreno fertile per la cresci ta del'"IO", rivolto all'individualismo. I genitori "smarriscono" un principio di crescita fondamentale e cioè: il miglioramento della personalità avviene rettificando e rielaborando gli errori e le sconfitte. In poche parole accade questo: prima dell'arrivo agli esordienti i genitori, inconsapevolmente, creano nel fanciullo un modello con molte aspettative rivolte alla crescita esponenziale dell'individualismo. Ma all'arrivo alla categoria degli esordienti, nella realtà sociale fuori dal protezionismo famigliare, subiscono le prime delusioni e le sconfitte creano frustrazioni difficili da superare. Secondo me per troppi anni i genitori spingono e si coccolano il bambino, questo crea un rallentamento anzi un impedimento, un freno ai ragazzi che vorrebbero vivere invece in maniera autonoma il sociale reale. L'approdo a questa categoria ha una funzione fondamentale per la crescita.
In tutto questo vortice 🌀ciclone emotivo esistenziale rappresentato dalla adolescenza ci siamo noi adulti, sicuramente in primis i genitori ma anche noi mister. Il mister deve cogliere il processo trasformativo in atto e non fare finta di niente o dare tutto il peso alla ricerca del risultato, spesso conseguente di una incompetenza colpevole. Non posso sottacere la responsabilità che abbiamo, noi adulti verso le nuove generazioni, infatti il nostro comportamento, la nostra comunicazione ,il nostro linguaggio se positivo ed empatico è, per i ragazzi, contagioso, siamo un modello che alle volte sostituiscono il modello dei genitori. Siamo un punto di riferimento e di aiuto per i ragazzi. Il mister specialmente in questa fase dovrebbe aiutare i giocatori ad "ORIENTARSI A NON SMARRIRSI". Purtroppo molto spesso mister sono impreparati e incompetenti e inadeguati e facilmente autoritari. L'autorità deresponsabilizza e nasconde l'incapacità del mister a rapportarsi con i ragazzi. Noi adulti siamo i principali colpevoli del nuovo fenomeno sociale negativo del drop aut, cioè dell'abbandono precoce dallo sport da parte del giovane. Nelle società dilettantistiche della mia zona la frequentazione di un giovane nella attività di base si abbassata e finisce a 14/15 anni, poi in molti abbandonano. Un fenomeno preoccupante. Quel che vedo nel mio territorio che molte società giocano al rialzo , alla selezione dei ragazzi anche nelle attività di base, tutti vogliono vincere. Tutti vogliono realizzare risultati subito, ad ogni costo, per la realizzazione di sè esasperando la competizione l'agonismo al raggiungimento a traguardi da cui vantarsi. Questo atteggiamento esagerato palesa che in molte società dilettanti prevale l'estetica del rendimento, del risultato a discapito dell' etica educativa. Le richieste d'aiuto e di comprensione del giovane sono spesso sottovalutate e in certi casi non considerate per niente dal mister. Capita così che l'adolescente anche nello sport si sente inadeguato e fragile. Solo se il mister è autorevole e competente, può essere d'aiuto al giovane. Durante gli allenamenti e partite ho la percezione del ritardo relazionale accumulato che spesso si manifesta con un certo dolore, in comportamenti scomposti verso i compagni e il gioco. Respiro la loro frustrazione derivata sulla loro sensazione di non farcela, di sentirsi inadeguati. Per me nel 2024 per un bambino - ragazzo lo sport di squadra è un autentico salvagente, una vitamina che aiuta il bambino a convivere con gli insuccessi come errori o sconfitte e a crescere senza aspettative esagerate. Il mister deve adattare il proprio metodo e la comunicazione per accompagnare nel migliore di modi, il ragazzo, che entra in una nuova fase di crescita, appena iniziata e molto delicata e complessa.
Sotto di seguito nelle tre figure ho descritto i rischi che incontra il mister quando sposa il metodo autoritario, deduttivo, orientato nella direzione verso la ricerca del risultato a tutti i costi. Noi mister dovremmo non alimentare la dispersione e l'abbandono dallo sport da parte dei giovani, ma ricercare nuove strategie.
ESORDIENTI:
L'EDUCAZIONE AL INVIDUALISMO
E LA "BOLLA" GENITORIALE
LA SCOPERTA DELL'ALTRO
L'ARRIVO DELLA ADOLESCENZA
"tutto avviene attraverso il gioco"
L'identificazione con i pari facilita il cammino verso
l'integrità e la stabilità del nuovo "IO", rivolto agli altri, alle
relazioni, abbandonando il modello genitoriale, un mondo prettamente egoistico. Il
gruppo squadra degli esordienti è eterogeneo sia fisicamente che
psicologicamente. É un mix fra fanciulli e adolescenti, con varie sfaccettature
di crescita fisica , molto diverse fra
loro. In questa categoria giocano
ragazzi di 10, 11 e 12 anni. Per
antonomasia è definita l'età d'oro per la grande capacità di apprendimento, caratteristica fondamentale in questa
fascia d'età. Nello stesso tempo, i
ragazzi affrontano, come dicevo, un nuovo cambiamento,
inizia una nuova fase di crescita,
piuttosto turbolenta , un vero e proprio terremoto emotivo che destabilizza il ragazzo,
chiamata: "adolescenza". E’ un periodo in cui prevale la
paura di non essere all'altezza e si sentono spesso inadeguati nelle varie attività
che svolgono. Il primo segnale che crea scompenso nel ragazzo è la pubertà. In cui riprende la crescita fisica ma in maniera
disarmonica, sproporzionata.
Questo disagio causa una diminuzione dell'autostima e dell'autorevolezza. Le fortificazioni
create negli anni precedenti, in cui era protetto dalla famiglia e da molti messaggi che la
società proponeva, in cui tutto è raggiungibile diventano per il ragazzo nebulose e confuse. Spesso è il risultato di un conflitto evolutivo che il
ragazzo non riesce ad esprimere e per
questo la comunicazione diventa "comportamento" non sempre conforme
alle regole, come mi capita ad assistere
durante gli allenamenti. Escono dal guscio protettivo famigliare per fare nuove
esperienze di vita autonoma. L'adolescenza è anticipata. E' un periodo di crescita molto tormentoso, una odissea emotiva, in
quanto i ragazzi escono dal periodo confortevole della fanciullezza,
accontentati in tutto per tutto, in
cui viene assecondato ogni interesse e ad ogni richiesta... Ora però con l'inizio alla partecipazione
degli esordienti, il ragazzo inizia a destreggiarsi
con le proprie forze, affrontando una realtà diversa e per
l'adolescente non è cosa facile. Con la complicanza precedente delle attese genitoriali, orientate verso realizzazione apparentemente
facile da ottenere, orientate alla bellezza, alla cultura dell'immagine al
benessere. Negli anni precedenti il bambino viene caricato
da aspettative di successo difficilmente raggiungibili nella realtà . Le contradizioni, la colpa, la
punizione, la frustrazione sono parole
bandite dal nuovo lessico famigliare, corollato da suggerimenti confortevoli, i
genitori risultano essere un sostegno della crescita incantevole, eludendo la
vita reale, e se possibile la tristezza e il dolore. L'orientamento dei genitori, consapevole o inconsapevole è
rivolto unicamente in una sola
direzione cioè di procurare al
proprio figlio piacere e proteggerlo
dalle difficoltà, dai disagi. Capita spesso, nella mia squadra, che ragazzi non vengono agli allenamenti quando piove o il tempo minaccia di farlo o fare la doccia di fine allenamento a casa, perchè a dire della mamma è più comodo. In questa fase il bambino cresce in un mondo ovattato, e aumenta, in maniera
esponenziale l'egoismo portando a maturazione proprio "io" egoistico. In questa fase di
crescita è una naturale tendenza. I
genitori stessi vengono visti, dai figli,
come modello di identificazione. La bolla delle aspettative creata nella
fanciullezza sembra garantire un orientamento per il futuro. Con
l'arrivo della adolescenza la bolla scoppia. E' come se agli occhi del nuovo adolescente tutte le
aspettative idealizzate che sembravano così raggiungibili, diventano improvvisamente modelli sbagliati, irreali e difficili
da perseguire. I ragazzi devono così,
affrontare per la prima volta e con le
proprie forze le esperienze reali
di vita quotidiana. Un esempio è la
convivenza con il gruppo dei pari, la squadra composta da varie personalità. Un
gruppo con compagni di gioco non esattamente scelti anzi spesso antipatici e
qualche volta più bravi a giocare . Fino a dieci anni, spesso sono i genitori
che scelgono gli amici dei figli....creando relazioni ideali. Dopo i
10 anni circa avviene il cambio di marcia che può essere per il giovane difficile e complicato riuscire in questa
nuova realtà, senza sentirsi all'inizio destabilizzati e anche impauriti e
delusi. Capita ahimè! di sentirsi fragili. Spesso nel periodo precedente di vita
sono molti i messaggi e ideali rivolti alla bellezza e al piacere.
Messaggi che provengono dai genitori, da
internet, dalla televisione ecc... Tutto
fa credere che facile diventare ricchi e famosi. In questa seconda vita, a
questa età 10 11 e 12 ANNI, si rendono
conto che non è così e si sentono inadeguati.
Con l'arrivo alla categoria degli
Esordienti, iniziano un altro percorso di vita, una nuova identificazione della
personalità. I ragazzi sono alla ricerca di proprie nuove verità affettive, nel
tentativo di non sentirsi di essere fallimentari. In questo passaggio noi
mister dovremmo stare molto attenti e fare da ponte e accompagnandoli nella crescita, senza
imposizioni o castighi o peggio, come capita spesso, di umiliarli durante il gioco. Il sopraggiungere
della adolescenza come dicevo prima, porta con sè cambiamenti fisici disordinati, sono per il ragazzo insopportabili, scomposti e sproporzionali, dallo sviluppo
disgiunto, causati dalla pubertà, fenomeno che mette a dura prova la
personalità dell'adolescente. É in questi anni che avvengono cambiamenti della
crescita. Compaiono le prime difficoltà che, inizialmente provocano una
inadeguatezza esistenziale. Iniziano ad avere problemi di rendimento
scolastico. Molti genitori delusi dalle difficoltà scolastiche reagiscono,
autoritariamente, con togliere il calcio e le attività piacevoli, scelte dai ragazzi
stessi, nella speranza che sia una molla per studiare. Si toglie al ragazzo, che stà vivendo un momento in cui la "vergogna" che lo porta a sentirsi inadeguato, una delle poche attività in cui trova benessere e piacere. Il genitore per essere
autorevole non è necessario che privi al
ragazzo il piacere (di giocare a calcio)sport da lui scelto. secondo me è tardi
e inutile castigare. Così facendo aumenta la propria autonomia dalla famiglia e di conseguenza
aumentano i conflitti. Successivamente I genitori vengono ridimensionati dai ragazzi e
visti da un altro punto di vista, non più infallibili e senza macchie, ma come sono nella realtà. I
genitori continuano (per fortuna non tutti), per protezione istintiva, di
trattare ancora il ragazzo come
fanciullo. Per il ragazzo tutto attorno a lui viene visto con rinnovato, e
autonomo, spirito critico. Lentamente
esce dal egoismo scoprendo gli "altri" che in questo caso sono i
compagni di gioco. Anche nel gioco si nota questo spostamento. Da un possesso
palla esagerato (dribbling) che esalta l'io e il " saper fare", il
giovane giocatore si accorge dell'altro, che in questo caso è il compagno di
squadra e inizia a passare la palla con fiducia . E' una dimostrazione dal passaggio dal
"egocentrismo individuale al social
centrismo" orientato ai compagni.
In questi anni, a partire dalla appartenenza degli
esordienti, per il ragazzo inizia l'adolescenza. Una autentica odissea emotiva che richiede un
intervento di aiuto di un adulto come il mister, autorevole e non distratto da
altri valori e obiettivi soggettivi. Anche noi mister dovremmo seguire e
sostenere con attenzione e sensibilità
la crescita e il cambiamento evolutivo del ragazzo. L'adulto, il mister
dovrebbero rimanere come figure di riferimento riconoscendo il cambiamento, in
poche parole dovrebbero essere figure
autorevoli. Accettando di lasciare al giovane giocatore la possibilità di provare e
mettersi alla prova senza essere giudicato se sbaglia. Garantisco che purtroppo
non è sempre così. Spesso il mister è “distratto da altri obiettivi, come la
ricerca a tutti i costi del risultato. Per questo mi sento di affermare che per
un ragazzo non basta fare attività sportiva ma deve essere accompagnato da un mister che alleni con intenzioni
educative e autorevole .
Fare sport, nel nostro caso calcio, per il ragazzo significa staccarsi dalla famiglia che sente come una occorrenza del bisogno di cercare una propria autonomia. Nella fanciullezza, in diverse misure, i genitori tendono a soddisfare tutte le esigenze infantili del bambino. Riconosco che le nuove generazioni per tanti versi sono più consapevoli e più riflessive e stimolate da tanti interessi esterni. Molto spesso le scelte del cambiamento, della ricerca della autonomia e del distacco sono condivise dagli amici e coetanei che sono la molla per molte loro scelte. Scelte che favoriscono il distacco dalla famiglia, volontà che esprime la voglia di autonomia. In famiglia, nella fanciullezza, la creatività è guidata e ispirata dai genitori, ora non più. Al campo è il ragazzo stesso che la ricerca con l'aiuto del mister. Una frase che spesso che mi rivolgono è: "Mister sono stato bravo?" L'ansia in questo periodo è un segnale che ha molti aspetti e molti motivi e può essere, per il ragazzo, paralizzante. Inizialmente può essere causata da proprie aspettative che vede difficili da raggiungere, manifestata dalla loro mente e dai loro pensieri ma quasi sempre alimentata da noi adulti, genitori e mister da esasperazioni inutili e non richieste dal ragazzo. Il ragazzo conosce l'ansia di prestazione, che subito non riesce controllare che non sa conciliare, che può portare anche da un senso di inadeguatezza e la paura che essere sconfitti sia un fallimento.
Ancora una volta è fondamentale la comunicazione del mister, per non permettere che sia una regressione identitaria. La pressione a cui è soggetto il giovane giocatore può essere causata da pressioni esterne, mister, genitori, come l'eccessiva, esasperata ricerca del risultato. Inizia, in questi anni, il percorso di crescita e della ricerca della propria personalità, del proprio ruolo rispetto i pari, cioè i compagni, e alla competenza al gioco. Il mister ha una responsabilità fondamentale, deve accompagnare con autorevolezza il giovane giocatore nella crescita personale e calcistica.
Per me allenare significa anche guidare alla crescita valoriale e morale
Una definizione che ho letto che trovo importante e che si riferisce ad uno dei tanti ruoli che dovrebbe adempiere il mister e che mi è piaciuta, è definirlo come "costruttore di fiducia", sia in quello che crede e dice e sia a rinforzo del giovane giocatore. Affrontare la difficoltà per il giovane significa realizzarsi, rinforzare il desiderio di continuare a giocare, l'ostacolo da superare aumenta le motivazioni interne e l'autoefficacia. La sconfitta deve essere vissuta come uno stimolo di voler migliorare, di riprovare e può portare il giovane molto lontano. Personalmente penso che a questa età sia più formativo perdere che vincere. Aumenta la resilienza a non smettere mai di giocare, principio utile anche nella vita di tutti i giorni.
L'ansia di prestazione è il primo riscontro reale che smantella il narcisismo vissuto precedentemente nell'ambiente famigliare. Vivere e condividere il gruppo squadra con partecipazione attiva, con l'aiuto della intelligenza emotiva equilibrata del mister permette al giocatore di superare l'ansia e a migliorare la personalità. Ma Il mister facendo giocare sempre gli stessi e voler ricercare a tutti i costi le vittorie dimostra un segnale della fragilità degli adulti e della loro inadeguatezza del compito. Bugiardamente viene pubblicizzata come rigore e autorevolezza, ma è semplicemente un paravento in cui il mister si nasconde per raggiungere traguardi personali, altrettanto narcisi. Purtroppo per le generazioni di giovani attuali questo atteggiamento non funzione e crea un fenomeno social sportivo negativo: il drop aut, cioè l'abbandono precoce, prematuro del giovane allo sport. Spesso a causa di un eccessivo agonismo rivolto quasi esclusivamente al risultato, al rendimento e non alla formazione.
Dalla dalla età degli esordienti inizia la turbolenza instabile della preadolescenza e della adolescenza e cercano nel gioco delle conferme che possano rinforzare l'autostima, dei piccoli successi che dimostrano un miglioramento. Spesso purtroppo soffocato, esageratamente, dai suggerimenti fuori luogo del mister, del tipo: "non dribblare, gioca a due tocchi!! passa la palla subito e calcia la palla via a caso ma lunga!!". "Sveglia!" "chiudi" o "come hai fatto sbagliare il tiro" "cosa hai oggi?" "come si fa?" e tanto altro. Mentre il giovane giocatore chiede la libertà di provare! e si aspetta dei rinforzi, degli aiuti dal mister, senza essere giudicato se sbaglia.
Escono dalla bolla famigliare in cui hanno trascorsi anni in cui sono i genitori che gli privano emozioni negative dei dispiaceri e dei disagi. Le uniche frustrazioni, condivise e puntualmente raddrizzate dai genitori, che incontrano e vivono sono le esperienze oggettive derivate dall'asilo e dalla scuola. Il protezionismo familiare nei primi anni per il bambino creano le condizione esclusivamente di piacere, così facendo il bambino diventa più egoista. Questo modo di agire da parte dei genitori spesso si protrae negli anni. Poi, quando a circa a dieci anni, il ragazzo approda, ad esempio nei giochi di squadra come nella categoria degli esordienti, imbatte in una realtà diversa da quella famigliare e cominciano i primi problemi relazionali esistenziali. L'ambiente è più reale, in cui viene richiesta da subito una resilienza alle difficoltà e una autonomia maggiore decisionale. Per questo gli adolescenti odierni hanno bisogno di adulti come la figura del mister positiva, per essere accompagnati verso una crescita funzionale. Figure che siano consapevoli e pronti al traghettamento, capaci di fare da ponte alla complessità del nuovo passaggio della crescita del ragazzo. I ragazzi hanno dinanzi un nuovo contesto sociale , relazionale , affettivo notevolmente diverso da quello vissuto finora. Di certo l'attuale filosofia del risultato a tutti i costi, rincorsa da molti allenatori e società non è d'aiuto a queste generazioni, che chiedono altro. Le nuove generazioni, gli attuali adolescenti sono cresciuti in un ambiente "ovattato" e impermeabile alle frustrazioni, un ambiente famigliare molto diverso da quello del passato. Una volta cerano famiglie organizzate da regole imposte, a quella di adesso in cui i genitori, spesso per eccesso di protezionismo, hanno promosso l'edonismo e la ricerca del piacere che, ai adolescenti, nel impatto alla realtà sociale promuove una inevitabile fragilità.
"Crescere significa anche soffrire".
Nella società di oggi in cui impera il narcisismo, l'individualismo e la competizione viene esasperata in cui nessuno vuole perdere la partita. In molte attività di base si vuole far credere che è la vittoria l'unica fonte di crescita. Ma non è così. Anche le più piccole frustrazioni e difficoltà vengono vissute come mortificanti, con senso di inadeguatezza personale e corporea, manifestando una reale fragilità, caratteristica in questa fase di crescita. Durante gli allenamenti capita che qualche ragazzo abbia dei comportamenti fuori dalle regole e inaspettati. Il pretesto è litigare con i compagni, o contestare. La causa dell'irritazione nasconde una incapacità di tollerare una frustrazione, specialmente a fine allenamento quando si fa sentire la stanchezza. La reazione scomposta è una maniera per manifestare un reale conflitto evolutivo interno del ragazzo, il quale non riesce a comunicarlo se non con un comportamento inadeguato, fuori luogo.
Riflessioni personali:
Il linguaggio del mister è, per il ragazzo, contagioso se positivo
Per i ragazzi il mister è un modello valoriale. É un riferimento che sostituisce la figura dei genitori e dei professori a scuola, figure spesso , per il ragazzo, conflittuali. Il mister a suo malgrado è il tramite che permette al giovane di giocare a calcio, cioè a svolgere una attività scelta e cui prova piacere fare. Quasi sempre è una scelta libera e personale. L'imposizione autoritarie del mister con punizioni privative, come può essere l'allontanamento o soffocamento deduttivo al gioco, non sortiscono l'effetto sperato, cioè non liberano la creatività e la fantasia che il ragazzo vorrebbe mettere alla prova.
Questi modelli autoritari sono superati. Sono provvedimenti generati dal mister, per paura di perdere la capacità del ruolo e della credibilità. Sono interventi punitivi privativi, indirizzati a voler fare qualcosa per mantenere la fermezza, l'autorità e il controllo e non sono dettati dalla capacità di comprendere le ragioni delle reali richieste del ragazzo. Il mister punisce spesso il ragazzo e non il comportamento. Invece di ascoltare le ragioni soggettive, emotive e affettive del singolo, tentando di dialogare con il ragazzo. Questi sono gli anni in cui il ragazzo dovrebbe "nascere" socialmente e dovrebbe sentirsi capace di fare e di poter realizzare. Al contrario molti mister e adulti mortificano e trasmettono ai ragazzi la vergogna dell'errore, nulla di più negativo...che blocca l'iniziativa. L'eccessiva competizione, la ricerca del risultato e al successo a tutti i costi, se non raggiunti, porta il giovane all'abbandono precoce dallo sport e così accade nel calcio. Il calcio giovanile è un a impareggiabile possibilità di espressione della propria creatività e un occasione unica di educazione, che non deve essere soffocata da mister autoritari e incompetenti. Il mister deve favorire la ripresa evolutiva e non mortificarla. Gli impegni le attività dovrebbero essere orientate al ritrovato piacere, coprendo il più possibile le sue esigenze personali. I ragazzi sono comunque molto socializzati ma spesso solo in attività organizzate da adulti, con scadenze precise, oppure in video. Trascurando la creatività autonoma. Alleno la categoria degli esordienti di una società della mia città. La mia filosofia prevede l'inclusione al gioco del giovane e non all'esclusione. Molte società sono orientate alla ricerca del risultato o alla ricerca del fenomeno e questo provoca divergenze di metodologia. Il movimento, lo sforzo il sacrificio fisico e il confronto con i compagni che i ragazzi condividono durante gli allenamenti, sono impareggiabili strumenti di crescita e miglioramento della personalità. L'unità di base, l'allenamento è un processo di socializzazione, una palestra di vita, di confronto con se stessi e il gruppo squadra. Favorisce l' affermazione dei valori positivi di cui lo sport è portatore sano. In tutto ciò le figure degli adulti, allenatore compreso hanno una responsabilità diretta. Il mister per i ragazzi è una figura di riferimento, realmente autorevole, un esempio da seguire. Sento e vedo spesso molti mister che sostengono che per essere autorevoli sia utile il ripristino della autorità, dell'imposizione e della punizione. Risultano essere gli unici strumenti capaci di imporre il controllo del gruppo attraverso regole restrittive. Per la mia esperienza questa prospettiva educativa con le nuove generazioni NON FUNZIONA. E' un modello che dovremmo superare e accantonare. La direttività è rassicurante ma sottrae alla responsabilità e soffoca la creatività dei giovani
L'eccessiva autorità riesce a tranquillizzare gli adulti, ma non favorisce , anzi ostacola, e non sostiene la ripresa evolutiva della personalità del giovane esordiente che è un adolescente. Il mister privativo, punitivo e autoritario nel 2024 non funziona più. Non ha nessuna credibilità per le nuove generazioni. Soffocare con comode semplificazioni autoritarie, nascondendosi in intenzioni "educative" non favorisce la crescita del giovane esordiente. Questo modo di fare poteva essere utile con altre generazioni in tempi passati anzi remoti. E' come se l'adulto, in questo caso il mister autoritario, mettesse un freno evolutivo al percorso di crescita del giovane giocatore. I ragazzi, iniziano da questa età, a fare emergere il bisogno di sperimentare, di fare da soli, di confrontarsi con se e con gli altri, con creatività, senza la quale non c'è crescita e miglioramento. L'intervento autoritario genera ansia e spesso è portatore di castighi di umiliazioni e di critiche verso il giovane giocatore. Il comportamento autoritario del mister deresponsabilizza il giocatore in cui pervade la obbedienza costrittiva. Il mister e in genere l'adulto con attenzione deve essere pronto e deve essere capace di percepire le nuove richieste dei nostri ragazzi, richieste d'aiuto e di comprensione, spesso dovute da disagi dovuti essenzialmente dalla adolescenza. E' incredibile che ci siano mister autoritari che dimostrano avere una povertà educativa. Conosco mister portatori di continue regole (spesso restrittive) le dettano indipendentemente se poi riescono a farle rispettare. La società, i contesti che i ragazzi usufruiscono sono diversi, molto più complessi da quelli passati e di conseguenza noi adulti dobbiamo ricercare, anche con creatività, con autorevolezza altri modi per "incontrare" per comprendere i ragazzi.
In tutto questo sono convinto che nel 2024, per il giovane fare sport e come nel mio caso giocare a calcio sia, per il ragazzo, una medicina, una vitamina, un anticorpo, un vaccino che aiuta ad affrontare e superare le difficoltà i disagi quotidiani. Se il mister è metodologicamente superato, arroccato e chiuso in maniera ottusa nella convinzione che "si stava meglio quando si stava peggio" o " così si faceva una volta ", è meglio che faccia altro.
A parer mio, noi adulti, stiamo trasmettendo nei settori giovanili messaggi impraticabili e incomprensibili alle nuove generazioni. Rimettiamo al centro del programma il Ragazzo e la sua crescita personale. Dobbiamo ritornare ad insegnare con intenzioni educative senza decantare proclami o promesse di vittorie che puntualmente non vengono mantenute. Umanizziamo il calcio nelle attività di base.
Da pochi giorni mi è capitato un fatto per me gratificante. Mi ha scritto una mamma in cui apertamente mi ringraziava con tanti complimenti per il modo autorevole che ho di allenare e comunicare con i ragazzi. il suo e stato un gesto molto sincero e pieno di gratitudine.
Che dire...Grazie!!
Uno scritto così spontaneo e così aperto, in 35 anni da mister non mi era mai stato rivolto. Leggere queste parole, dirette a me e al mio metodo di allenare , è stata la vittoria più bella che ho ottenuto, anche rispetto alla miglior vittoria che ho raggiunto sul campo. GRAZIE VERAMENTE. Incredibile, questo episodio mi da ancora più forza a proseguire nel mio modo e nel mio metodo. La ritengo una iniezione di fiducia concreta per il mio presente di mister. Un rinforzo sicuramente positivo.
Tornando ai concetti che vorrei esporre nel post continuo e affermo: "Ridiamo il gioco a chi veramente lo pratica" cioè ai ragazzi senza aggiungere tensioni, esagerazioni, esasperazioni di cui spesso, siamo noi adulti a trasmettere ai ragazzi. È importante, direi fondamentale, allenare con intenzione educative. Rinforzando le qualità della prestazione e della formazione e non solo il risultato, il rendimento!! Dobbiamo comprendere che non alleniamo micro adulti ma bambini che vogliono crescere e diventare persone, senza eccessive aspettative ed esasperazioni o pretese che noi adulti purtroppo continuiamo trasmettere.
Noi adulti noi mister abbiamo una responsabilità diretta ai ragazzi che mi pare giusto non sottacere. Solo con autorevolezza e competenza noi adulti riusciamo a trasmettere, ai ragazzi, un futuro più equilibrato e sereno, nonostante i tanti problemi ché loro hanno ereditato, senza nessun "merito", da questa nostra società...
Una cosa è certa, nel 2024, in cui i giovani durante il giorno a casa sono più "connessi che in strada", partecipare ad uno sport di squadra con continuità aiuta, rinforza , equilibra e centra la crescita della personalità del ragazzo.
Tutto avviene attraverso il gioco, crescita compresa
Purtroppo, con amarezza, mi capita spesso di constatare che sono gli stessi genitori a non comprendere l'importanza che ha la partecipazione del proprio figlio. Ho la sensazione che si preferisca ascoltare il virtuale o il protezionismo a casa, agli allenamenti, alle corse, al movimento, ogni scusa è buona per tenere a casa i ragazzi.
L'adolescenza è considerata come una seconda nascita, una seconda vita da esplorare...lo sport , il mister e il gioco possono essere il ponte che porta il giovane giocatore al di là del guado, un passaggio... 😊cioè d'aiuto per orientarsi. Finisco con l'affermare che le ultime generazioni hanno assoluto bisogno di movimento di correre e di sfogarsi e il gioco di squadra come il calcio, può essere di conforto e di aiuto per crescere più equilibrati e sereni.
MisterEzio