diego




Buon giorno. 

Eccezionalmente questo post è sorretto da un racconto molto speciale, unico nel suo genere, che mi rappresenta completamente e riflette in modo preciso e dettagliato il mio metodo di allenamento.



Il racconto che condivido riflette in modo autentico la mia filosofia e il mio approccio all'allenamento. È breve, semplice e al tempo stesso chiaro e trasparente.  Offre numerosi spunti che stimolano diverse prospettive di lettura e interpretazione. Un allenatore raggiunge il suo obiettivo quando riesce a incarnare qualità fondamentali come empatia, un metodo di allenamento efficace e una gestione equilibrata del gruppo. Un elemento imprescindibile è la capacità di creare percorsi personalizzati, modellati sulle esigenze e potenzialità di ogni individuo. Sono convinto che non esista un metodo universale adatto a tutti: ciascuno ha la propria unicità, e il mio compito è valorizzarla accompagnando ogni persona nel raggiungimento dei suoi obiettivi attraverso una strategia su misura. Questo è il cuore della mia visione e il fondamento del mio metodo. Per Meglio dire che tramite situazioni di gioco, globali e integrate riesco valutare e migliorare tutte le variabili specifiche, utili per la partita reale. A mio parere, attraverso il gioco e la possibilità di giocare, si conoscono gli aspetti anche personali oltre alle abilità e capacità calcistiche e si capisce su cui intervenire. Inoltre, il gioco rappresenta un potente strumento per sviluppare, oltre le abilità e capacità trasferibili nella partita reale, anche qualità fondamentali come la collaborazione, la resilienza e la gestione delle emozioni. Attraverso il confronto con gli altri e la capacità di adattarsi a contesti sempre nuovi, si apprendono insegnamenti preziosi che superano i confini del semplice gioco. Queste esperienze favoriscono sia la crescita personale che il consolidamento delle relazioni interpersonali, il tutto con un chiaro obiettivo educativo. 

BUONA LETTURA:

"Diego era un bambino di 12 anni, un po’ paffutello, timido e riservato. Parlava poco, ma osservava con ammirazione i suoi compagni che giocavano spensierati, convinto che fossero migliori di lui. Li vedeva come irraggiungibili, dotati di un talento speciale che lui pensava di non avere. Eppure, nonostante questa convinzione, Diego affrontava ogni allenamento con dedizione, determinazione e una passione che andava ben oltre il semplice gioco. I suoi compagni, però, fraintendevano la sua immaturità calcistica come goffaggine. Non erano gentili: lo deridevano spesso, mostrando poca sensibilità nei suoi confronti. Non apprezzavano la sua presenza in campo e non perdevano occasione per prenderlo in giro. A casa, però, Diego trovava il sostegno dei suoi genitori, che lo incoraggiavano continuamente a non mollare e lo stimolavano a continuare ad andare agli allenamenti. Perché, avevano intuito che per Diego, il calcio non era solo uno sport: era una vera passione. Nonostante le prese in giro, non aveva alcuna intenzione di smettere. Il pallone era la sua felicità. Anche l’allenatore, che osservava i suoi progressi con attenzione, rispettava il suo impegno e cercava di motivarlo costantemente. Tuttavia, nelle partite di campionato, spesso lo teneva in panchina. Preferiva non rischiare un risultato schierando un ragazzo inesperto. Questo, però, non bastava a scoraggiare Diego. Era sempre il primo ad arrivare agli allenamenti, pronto a dare il meglio di sé, allenamento dopo allenamento. Credeva fermamente che, con il tempo e l'impegno, sarebbe migliorato. Ogni difficoltà, ogni commento pungente da parte dei compagni, lo spingeva a impegnarsi ancora di più. Nei mesi successivi, Diego accumulò ore di allenamento, perfezionando le sue abilità e capacità. Dopo la scuola, si esercitava persino a casa, calciando il pallone contro il muro del cortile, affinando riflessi e precisione. Quando lo spazio glielo permetteva, giocava anche per strada con gli amici di quartiere, trovando sempre un modo per migliorare. La sua tecnica individuale cresceva visibilmente, così come la sua capacità di inserirsi nel gioco di squadra. L’allenatore non poté fare a meno di notare questi progressi e, un giorno, glielo disse apertamente. Quelle parole riempirono Diego di orgoglio e felicità. Con il tempo, imparò a dribblare con sicurezza, a passare il pallone con precisione e a leggere meglio le situazioni di gioco. Eppure, i suoi compagni continuarono a sottovalutarlo. Forse era invidia, o forse semplice immaturità, ma questo non fermò Diego. Non si lasciò abbattere e continuò ad allenarsi con tenacia e divertimento. Poi, arrivò il momento che avrebbe cambiato tutto. Durante una partita di campionato, con il punteggio fermo sullo 0-0, il capitano della squadra si infortunò gravemente e non poté più continuare a giocare. L’allenatore, senza esitazione, si voltò verso Diego e lo chiamò: “Scaldati, è il tuo momento!”. Diego, emozionato e determinato, entrò in campo. La pressione era alta, ma lui non si fece intimidire. Con grinta, passione, consapevolezza e quella voglia di dimostrare il suo valore, segnò due gol decisivi, portando la squadra alla vittoria. Quel giorno, Diego dimostrò a tutti – compagni, allenatore, genitori – quanto fosse cresciuto. La sua incrollabile determinazione, unita  alla passione per il calcio, lo avevano trasformato. Da quel momento, conquistò il rispetto dei compagni e la fiducia dell’allenatore, diventando titolare. Anche nei momenti più difficili, come le sconfitte, errori o i commenti negativi, Diego non si arrese mai. Continuava a ripetersi una frase che lo aveva sempre ispirato: “Mai smettere di giocare. Mai smettere di credere in te stesso, anche quando tutto sembra andare storto.” Fu questo pensiero a guidarlo, permettendogli di superare le diffidenze iniziali e le critiche, fino a diventare il giocatore e la persona che aveva sempre sognato di essere. A questo punto, potreste chiedervi: “Diego è diventato un calciatore famoso? Ha fatto carriera nel mondo del calcio?” La risposta è no. Diego ha scelto di concentrarsi sullo studio, costruendosi un futuro lontano dai campi da gioco. Ma questo non significa che abbia mai abbandonato il calcio. Ancora oggi, continua a giocare con serenità e passione, perché il calcio è, e sarà sempre, una parte di lui. Una delle sue più grandi passioni, che lo ha aiutato a crescere e che non smetterà mai di accompagnarlo nella vita."

In questo POST, unico e diverso da tutti quelli che ho realizzato finora, condivido una storia che riflette profondamente la mia filosofia e i valori che mi guidano come mister. Questo racconto tocca temi fondamentali come il rispetto, la passione, la motivazione e le competenze sottili richieste a un mister, in particolare nel settore dell’attività di base. Inoltre, affronta il coraggio necessario per opporsi alla pressione eccessiva sul risultato, una problematica che ancora oggi condiziona molti settori giovanili e società sportive. Oltre a questi, il video offre numerosi altri spunti di riflessione. Esalta la forza dello sport, che non esclude nessuno, pur essendo un percorso impegnativo, e sottolinea che il talento va allenato con costanza e volontà. Al centro di tutto c'è un messaggio che considero essenziale: non smettere mai di giocare! Si può cadere o essere sconfitti, ma è fondamentale avere la volontà di rialzarsi, ripartire e affrontare ogni sfida con più convinzione e determinazione di prima.
Un altro aspetto che ritengo importante è il valore della creatività. Spesso il giocatore in partita si trova  di fronte a situazioni che sembrano senza via d'uscita, ma con un pizzico di immaginazione e la capacità di pensare fuori dagli schemi, ogni problema può trasformarsi in un'opportunità. La creatività non è soltanto un talento innato, ma una capacità che si può sviluppare con costante allenamento. Ogni allenamento aggiunge valore al bagaglio di ogni giocatore, offrendo nuove conoscenze che si trasformano in soluzioni innovative e prospettive diverse durante la partita reale. infine, Fare sport non significa, come spesso viene trasmesso oggi, primeggiare o vincere a tutti i costi. Al contrario, significa coltivare una passione.  Lo sport ci accompagna per tutta la vita e ci aiuta a crescere, sia fisicamente che interiormente.
GRAZIE per l'attenzione
misterEzio


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