Libere considerazioni. Io penso che le cause della non partecipazione ai precedenti mondiali e che sia in bilico anche la prossima sia anche dovuto...
"ALLENARE LA PRESTAZIONE"
Titolo:
Libere considerazioni. Io penso che le cause della non partecipazione ai precedenti mondiali e il fatto che sia in bilico anche la prossima siano anche dovute a una serie di fattori...scopriamoli assieme!
Buona lettura
Da tempo rifletto sulle ragioni che hanno portato agli
insuccessi della nazionale. Un problema che, a mio parere, ha radici profonde
nel passato. Questa riflessione è particolarmente attuale alla luce delle
ultime due mancate qualificazioni ai Mondiali e dell'incertezza che ancora
aleggia sulla partecipazione al prossimo torneo. Tuttavia, questa analisi mi ha
portato a guardare oltre, spingendomi a pensare in modo più ampio al calcio
italiano nel suo complesso. È un tema che richiede uno sguardo attento e un'analisi
approfondita, poiché le cause sono molteplici e radicate nel tempo.Vorrei
condividere alcune riflessioni personali. Non ho la presunzione di possedere la
verità assoluta, ma attraverso queste considerazioni cerco di comprendere
meglio una situazione complessa, le cui origini si trovano nelle fondamenta
stesse del movimento calcistico. Non mi riferisco solo al calcio
professionistico, ma anche a quello dilettantistico e giovanile, veri pilastri
del nostro sistema calcistico. Ho avuto il privilegio di farne parte come
allenatore per oltre trent'anni, un'esperienza che porto con grande orgoglio. Noto che è diventata una reogola comune che, se una squadra non riesce a raggiungere i risultati sperati, si cambia con troppa facilità allenatore addossandone interamente le responsabilità, ma per me non è assolutamente così. I motivi che portano a uno scarso rendimento sono, infatti, da cercare in altre parti, spesso meno evidenti o intangibili e sicuramente più articolate di quanto si possa pensare. Negli ultimi anni, il numero di iscritti alle attività di base ha mostrato una
lenta ma costante ripresa rispetto al periodo del Covid, un segnale senza dubbio
incoraggiante. Tuttavia, i dati evidenziano un trend negativo a lungo termine,
con un calo delle iscrizioni e della pratica sportiva del calcio a livello
amatoriale e giovanile a partire dal 2010. Un aspetto particolarmente
preoccupante è il fenomeno del drop-out, ovvero l'abbandono precoce del calcio
da parte dei giovani. Inoltre, si osserva un accorciamento della carriera dei
giocatori dilettanti rispetto al passato, segnando una chiara inversione di
tendenza rispetto agli anni precedenti. Sono tutte questioni importanti che
meritano attenzione e riflessione.
Un altro aspetto fondamentale da considerare è l'analisi delle cause principali che portano al disimpegno o all'abbandono precoce. Questi fattori possono includere la mancanza di motivazione, obiettivi poco chiari, pressione esterna o semplicemente una scarsa connessione con l'attività intrapresa, cioè poche possibilità di giocare. Identificare queste cause non solo aiuta a comprendere meglio il fenomeno, ma consente anche di sviluppare strategie mirate per prevenire il drop-out e promuovere un coinvolgimento più duraturo. Vorrei soffermarmi su un tema che, a mio avviso, rappresenta uno
dei principali motivi del drop-out: l'eccessiva focalizzazione nelle attività
di base dilettantistiche sulla ricerca del risultato a tutti i costi.
Questo
approccio, spesso caratterizzato da una pressione intensa e, a volte,
eccessiva, tende a privilegiare sempre gli stessi giocatori. Anche nelle
squadre dell'attività di base, questa dinamica si manifesta frequentemente. Così facendo, si escludono coloro che, pur essendo meno maturi dal punto di vista calcistico in quel momento, possiedono un potenziale di crescita straordinario che può emergere solo attraverso il gioco. Inoltre, una volta completato il percorso nelle squadre delle attività di base, molti ragazzi faticano a trovare opportunità concrete per accedere alla prima squadra. Secondo me, ci sono due aspetti negativi principali che continuano a persistere: il primo è l'eccessiva insistenza sulla preparazione fisica durante gli allenamenti, a scapito e trascurando l'importanza della comprensione e delle conoscenze relative al gioco; il secondo riguarda due concetti interconnessi: da un lato, la ricerca ossessiva del risultato a scapito dell'insegnamento creativo, e dall'altro, l'adozione di metodi di allenamento ancora rigidamente legati a schemi tradizionali. Un altro aspetto fondamentale è la crescente importanza della preparazione fisica e atletica: i giocatori sono sempre più allenati per resistere a ritmi elevati e a un'intensità costante durante tutta la partita, con allenamenti mirati a migliorare resistenza, forza e velocità.Tuttavia, l'eccessivo focus sulla performance fisica e sui risultati rischia di mettere in secondo piano aspetti fondamentali come la comprensione del gioco e lo sviluppo delle competenze. Questo può ridurre la capacità di adattarsi rapidamente a situazioni impreviste, limitando l'espressione creativa in campo attraverso decisioni innovative e coraggiose, senza paura di sbagliare.
Per questo motivo, la libertà creativa dovrebbe essere una componente centrale dell'allenamento.
Credo che nelle attività di base spesso stiamo utilizzando metodi di allenamento disgiunti rispetto alle richieste della partita reale; forse abbiamo perso di vista il fatto che il calcio, per sua natura, è un sistema complesso, imprevedibile e mai lineare. Utilizzare esercitazioni isolate, allenando un'abilità o capacità alla volta, risulta poco efficace. La strada giusta, a mio avviso, è progettare allenamenti basati su carichi situazionali, con l'avversario sempre presente, in grado di stimolare in modo integrato e globale tutti i processi ed evoluzioni che caratterizzano una partita reale.
L'obiettivo deve essere quello di migliorare concretamente e consolidare le performance in gara, sia a livello individuale che collettivo.La situazione attuale della nazionale è strettamente legata alla condizione della base calcistica e alla salute dei settori giovanili. Se negli ultimi anni non abbiamo visto emergere nuovi talenti come Del Piero, Baggio o Totti, un motivo ci sarà: forse i metodi di allenamento non rispecchiano adeguatamente ciò che accade durante le partite reali. Mi chiedo perché paesi come Spagna, Francia o Norvegia riescano a produrre più fenomeni rispetto a noi. Forse stiamo sopravvalutando la qualità dei nostri giocatori e dell'intero movimento calcistico italiano. Esonerare gli allenatori, probabilmente tra i meno responsabili della nostra mediocrità, serve a ben poco. È fondamentale programmare e adottare un nuovo approccio metodologico e filosofico che favorisca l'emergere di nuovi talenti, poiché il modello attuale risulta ormai obsoleto. È essenziale intraprendere una profonda riflessione critica sui metodi di allenamento e sulla filosofia alla base delle attività giovanili. È il momento di avere più coraggio nell'innovare, senza cadere nella demagogia. Dobbiamo riportare il giovane giocatore e l'apprendimento al centro della programmazione. Un'ultima riflessione: la possibilità che i talenti emergano è strettamente legata alla grandezza del bacino da cui provengono, almeno fino a una certa età. Questo significa che bisogna includere, non escludere: il bacino di provenienza resta ampio e attrattivo. Se nelle categorie dei primi calci, pulcini, esordienti e giovanissimi viene data a tutti l'opportunità di giocare, concentrandosi meno sui risultati e più sulla crescita e sul miglioramento calcistico, si favorisce lo sviluppo dei talenti. Anche nei settori giovanili è fondamentale mettere a disposizione degli allenatori strumenti innovativi e conoscenze metodologiche all'avanguardia, superando i limiti dei metodi tradizionali. Questo permetterà di migliorare le competenze, elevare la qualità degli allenamenti e valorizzare al massimo sia i giovani talenti che le loro performance in gara.
Grazie a tutti per l'attenzione
Misterezio