Considerazioni ...quasi triste e amare
"ALLENARE LA PRESTAZIONE"
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"Considerazioni...quasi trsti e amare...😔
Vorrei condividere alcune riflessioni personali, forse fuori dagli schemi e poco popolari. Mi rivolgo ai settori giovanili dilettantistici, dove spesso l'interesse e le aspettative di crescita dei ragazzi non sono messi al centro come dovrebbero. Il concetto è semplice: nelle attività di base, gli allenatori dovrebbero avere una priorità chiara e irrinunciabile, ovvero far crescere i giovani tramite il gioco e dare a loro più occasioni per poter giocare. Eppure, posso affermare con certezza che questo non accade sempre. Facciamo un passo indietro e iniziamo a riflettere. Negli ultimi anni ho avuto l'opportunità di allenare squadre dell'attività di base, un'esperienza che mi ha fatto comprendere quanto sia fondamentale valorizzare i giovani giocatori. È essenziale, durante il percorso nelle squadre della attività di base, offrire loro il maggior numero possibile di occasioni per scendere in campo e sentirsi protagonisti, a prescindere dal livello momentaneo delle loro abilità calcistiche. Permettere ai ragazzi di mettersi alla prova, anche quando possono sembrare momentaneamente immaturi o poco consapevoli del gioco, è cruciale per favorire la loro crescita e il pieno sviluppo delle loro capacità. Solo così possono migliorare e acquisire competenze più solide e consapevoli. Offrire loro spazio, fiducia e occasioni di confronto in partita significa creare i presupposti, le basi durature per assecondare la passione di giocare a calcio. Investire e credere nei giovani, anche in quelli apparentemente meno bravi, significa avere fiducia in un progetto ambizioso a lungo termine, dove il potenziale si trasforma gradualmente in realtà concreta grazie all'opportunità di crescere e acquisire preziosa esperienza direttamente sul campo. Questa visione non è solo un atto di fiducia nel futuro, ma anche una responsabilità che ci riguarda tutti: famiglie, mister, dirigenti e società sportive. Nel corso della mia esperienza, ho avuto modo di osservare come l'impegno e il piacere di giocare possano portare a risultati straordinari, anche quando meno te lo aspetti. Mi è capitato, quando ho allenato ad esempio la categoria degli esordienti, di vedere tanti ragazzi migliorare tantissimo, a mia sorpresa e inaspettatamente, semplicemente porgendo a loro gioco e visibilità. Questo dimostra quanto sia importante creare un ambiente stimolante e positivo, dove ogni giovane atleta possa sentirsi valorizzato e incoraggiato a esprimere il proprio potenziale. Non si tratta solo di tecnica e strategie, ma di offrire opportunità per crescere, e scoprire nuove capacità e spesso, basta davvero poco per accendere una scintilla e trasformare le possibilità in risultati inattesi. Ogni sessione di allenamento, ogni partita rappresentava un'opportunità per crescere e migliorare, vedere i ragazzi superare le loro aspettative è stato per me motivo di grande soddisfazione. Ho dedotto che trasmettere motivazioni positive e dare la possibilità di giocare sono la scintilla per trasmettere la passione duratura e convincente. Questi momenti mi hanno insegnato che con disponibilità, coraggio, fiducia e un pizzico di perseveranza, i risultati possono stupire chiunque, persino chi li raggiunge, quando offriamo ai giovani il tempo e le giuste opportunità per giocare e crescere, gettiamo le basi per alimentare la loro passione per il calcio e per ciò che stanno facendo. Questo li spinge a superare difficoltà e sconfitte con motivazione e determinazione, dove il talento non viene sprecato ma moltiplicato. La selezione in molte attività di base inizia purtroppo troppo presto e spesso viene delusa dalle aspettative. Mettere in prima fila il risultato, la vittoria, la ricerca del fenomeno, ebbene questa filosofia crea nei giovani giocatori, un corto circuito, e tensioni aggiuntive che il giovane giocatore non riesce sempre a gestire. Fra l’altro mi pare che questa filosofia così orientata negli ultimi anni non abbia creato giocatori particolarmente talentuosi. Al contrario trasmettere motivazioni positive e propositive costituisce un processo mentale di fondamentale importanza, che riflette nella determinazione e resilienza, favorendo nel giovane atleta lo sviluppo di una profonda passione per l'attività sportiva. Il primo a dover supportare e valorizzare tale inclinazione deve essere l'allenatore. Questa direzione, indispensabile e fondamentale, rappresenta, per il giocatore, il principale motore per trovare la passione autentica per il gioco e stimola profondamente il desiderio del miglioramento personale, spingendo il giocatore verso il superamento dei propri limiti individuali e la capacità concreta di affrontare con determinazione e competenza le sfide che si presentano, sia in ambito sportivo che nella vita quotidiana di ogni giorno. Senza motivazione che si sviluppa giocando, non solo diventa difficile raggiungere nuovi traguardi, ma non c'è apprendimento. La passione per il gioco nasce e si rafforza proprio grazie alla possibilità di giocare e, che diventa così il motore principale per crescere come atleti e come persone, raggiungere questo, il mister ha responsabilità dirette e tangibili e la sua condotta ne è la testimonianza. Coltivare motivazioni interne autonome, le quali risultano essere decisamente più solide e durature, è essenziale per chi desidera davvero giocare a lungo e con costanza.
Giocare a calcio e fare sport, c’è un elemento fondamentale che non può mai mancare: la motivazione.
"Il mister semina passione per racoglliere motivazioni e auto efficacia"
Spesso, senza una motivazione interna stabile, non c'è né apprendimento né divertimento. Senza motivazione, il giovane giocatore finirà per abbandonare il percorso sportivo. La condotta del mister è inprenscindibile e influenza ogni scelta futra del giovane atleta. Il giocatore se teme di sbagliare, e viene colpevolizzato o umiliato dall'allenatore per un errore, oppure caricato di responsabilità a cercare la vittoria a tutti i costi, avrà meno possibilità di esplorare, imparare e scoprire. Questo lo porterà a perdere la voglia di mettersi in gioco, confrontarsi con sé stesso e con i compagni, superare i propri limiti e migliorarsi. Tutto ciò diventa il preludio all'abbandono. Questo concetto è una verità universale, assoluta che si applica a qualsiasi squadra nella attività di base dilettante, soprattutto quando si parla di giovani atleti. La motivazione non è solo la spinta iniziale per cominciare a giocare, ma è anche ciò che mantiene vivo l’entusiasmo, alimenta il desiderio di migliorare e continuare. Le motivazioni e il divertimento rendono, agli occhi del giovane atleta, tutto più leggero e appagante.
Nel contesto delle attività di base, emerge una domanda che spesso non ci si pone e in pochi affrontano con la dovuta attenzione: Nelle attività di base dilettantistiche il numero degli abbandoni è alto e tra l’altro il maggior numero di abbandoni è intorno a 14/15 anni, mi chiedo, domanda forse ingenua ma reale: “siamo proprio convinti che i mister, gli adulti, non sono coinvolti e non hanno responsabilità?" La riflessione è tutt'altro che banale, poiché il coinvolgimento degli adulti, in particolare degli allenatori e dei genitori, si riflette direttamente sulla motivazione e sul benessere dei giovani atleti. Ci sono momenti in cui le cause sono così evidenti che non c’è bisogno di parole. La gestione dei settori giovanili, spesso improntata alla ricerca esasperata e forzata del risultato, rappresenta un freno con effetti dannosi a lungo termine per l’intero sistema calcistico. Questa, insieme ad altre cause meno visibili ma altrettanto rilevanti, è uno dei principali fattori che hanno innescato, come effetto domino, le recenti mancate qualificazioni ai Mondiali e il conseguente declino generale della nazionale di calcio italiana con la mancanza di giocatori talentuosi. Basta osservare, ad esempio, le formazioni dei club professionistici: il numero di giocatori italiani in campo è estremamente ridotto, nonostante il potenziale e la qualità delle nostre nazionali giovanili.
In Italia, il sistema calcio, come accade spesso e come da consuetudine, mette come soluzione, per cercare di risolvere questi ed altri problemi, l’esonero del mister … e ancora una volta non viene affrontato il vero nocciolo della questione, che rimane irrisolto. Una cosa è per me certa: il polso reale del sistema calcio attuale si misura attraverso le società dilettanti e i loro settori giovanili. Negli ultimi anni, il panorama calcistico italiano ha subito profondi cambiamenti, e secondo me ha perso di qualità. Infatti, se ci si addentra nel mondo delle società dilettanti, si scopre una realtà che meriterebbe più attenzione e che, dal mio punto di vista, non gode di ottima salute. Le società dilettantistiche sono spesso percepite come il "dietro le quinte" del calcio, ma in realtà rappresentano il fondamento su cui si regge l'intero sistema calcistico. In particolare le attività di base sono i vivai in cui nascono e si formano i talenti del futuro, luoghi in cui i giovani non solo inseguono il sogno di diventare calciatori professionisti, ma crescono anche a livello personale, sviluppando valori come responsabilità, sacrificio e rispetto. Tuttavia, senza adeguati interventi e supporto, queste realtà rischiano di scomparire, riducendosi a un fenomeno di nicchia. Ignorare le radici del calcio – ossia i settori giovanili e dilettantistici – non significa solo compromettere la scoperta di nuovi talenti, ma anche perdere quei valori fondamentali, come passione, educazione ed etica, che lo sport trasmette. Investire nel calcio di base non è semplicemente una questione economica, ma un riconoscimento del suo valore e della sua importanza. Diversamente, il rischio è assistere a un progressivo declino di tutto il sistema calcistico. Il calcio professionistico è solo la punta dell'iceberg di un sistema che trova il suo equilibrio nella base, costituita dalle società dilettantistiche. Senza proteggere e valorizzare questa base, il futuro del calcio sarà sempre più incerto. Già oggi stiamo osservando una preoccupante carenza di talenti emergenti.
Per questo motivo, è essenziale che tutti gli attori del sistema calcistico comprendano l'importanza cruciale del
settore dilettantistico e giovanile, promuovendo politiche e iniziative concrete per garantire sviluppo
e sopravvivenza. Preservare la vitalità del calcio professionistico significa ripartire dalle fondamenta:
vale a dire dal calcio dilettantistico. Rivalutare il ruolo delle società dilettantistiche non vuol dire solo
formare giovani di talento, ma anche sviluppare e far crescere allenatori e dirigenti preparati, competenti e il più possibile aggiornati. Il focus deve essere su una pianificazione a lungo termine, evitando l'ossessione per i risultati immediatiSolo in questo modo sarà possibile crescere atleti capaci e cittadini responsabili. Inoltre, è indispensabile rinnovare
i metodi di allenamento. Non si può ignorare la realtà: la nostra nazionale ha perso competitività e fatica a produrre
giocatori di alto livello. Le difficoltà di qualificazione e l’assenza dai due Mondiali precedenti
sono segnali evidenti di un sistema attuale che non funziona. È troppo semplice attribuire la colpa ai giovani,
accusandoli di mancanza di passione o di capacità di sacrificio. La verità è che spetta agli adulti – allenatori,
dirigenti e formatori – assumersi la responsabilità. Spesso ci aggrappiamo a metodi di comunicazione
e allenamento datati, inadeguati per le esigenze di oggi. Allenare nei settori giovanili richiede un atteggiamento
diverso rispetto una volta, più moderno e aggiornato, supportato da una formazione continua.
Solo così potremo invertire la rotta e restituire al nostro calcio la competitività e i valori di un tempo.
Nei metodi di allenamento si è data e si sta dando tuttora, troppa enfasi alla ricerca del risultato
a tutti i costi e all’aspetto fisico condizionale, promuovendo l’idea del "giocatore-atleta" a scapito
della creatività e del talento naturale. Questo approccio ha spesso trascurato lo sviluppo formativo
e cognitivo dei giovani calciatori, mettendo in secondo piano quelle qualità che, in campo,
fanno davvero la differenza. Mi chiedo: come sarebbe oggi il calcio italiano se, negli ultimi vent’anni,
avessimo ridimensionato l’attenzione verso le metodologie classiche, focalizzate unicamente
sulla preparazione fisica o su esercizi schematici, rigidi e ripetitivi? E se, invece, avessimo investito
in metodi di allenamento più orientati al gioco, capaci di sviluppare le capacità cognitive e valorizzare
l’aspetto situazionale attraverso approcci innovativi e dinamici?
Avremmo comunque mancato la qualificazione agli ultimi due Mondiali? Non lo so, ma posso solo immaginarlo.
Lascio a voi la risposta, sperando che queste domande possano stimolare nuove riflessioni e analisi.
Devo essere onesto: sono pienamente consapevole che ci sono moltissimi allenatori eccezionali,
molti dei quali immensamente più competenti e preparati di me, da cui continuo ad imparare.
Tuttavia, credo fermamente che in molte attività di base, soprattutto nel mondo dilettantistico,
manchino due elementi fondamentali e imprescindibili: empatia e prospettiva moraleQuesti valori si traducono nella capacità, da parte degli allenatori, di mettersi davvero nei panni
dei giovani calciatori, comprendendo l’impatto delle proprie azioni e assumendosi una reale e
autentica responsabilità verso di loro, non solo come atleti, ma soprattutto come persone. Il vero problema, a mio avviso, risiede nella mancanza di un coraggio morale: quella forza necessaria per agire con integrità, seguendo principi etici solidi
e coerenti che lo sport trasmette, anche quando ciò significa andare controcorrente o fare scelte impopolari,
come spesso mi è capitato. Per esempio, dare a TUTTI i ragazzi la possibilità di giocare, senza favoritismi, implica inevitabilmente
accettare di mettere i risultati sportivi in secondo piano rispetto a obiettivi più elevati. E diciamolo chiaramente:
questa sarebbe una scelta di grande coraggio, perché oggi non è affatto vista come una decisione
di tendenza o condivisa dalla maggioranza. Manca, purtroppo, una reale volontà di avviare
un ragionamento morale profondo. Un ragionamento che richiederebbe di allenare con uno scopo educativo
chiaro e concreto, interamente fondato su principi etici ed educativi. Questo significherebbe
non solo formare buoni giocatori, ma anche contribuire a plasmare futuri cittadini migliori,
dotati di una intelligenza morale decisamente più sviluppata rispetto a quella di molti adulti di oggi.
Grazie 🤪 Mister Ezio