"SENTIRSI CAPACI". Il "SAPER FARE" GIOCARE NELLA ATTIVITA' DI BASE 6 - 13 anni circa...
Tutti siamo d'accordo che il calcio in origine era uno gioco che si poteva giocare per strada. Io ho avuto la fortuna di giocare per strada, giocavamo ovunque e nelle ore più disperate. Giocavamo e adattavamo la partita in base ai presenti : 1vs1 , 2vs2 3vs 3 .......fino se necessario 13 vs 13 senza escludere nessuno. Si giocava con i portieri ma spesso nessuno voleva giocare in porta e così improvvisavamo portine più piccole con giubbotti , con sassi o borse zainetto o con altro. Poi alla sera molti di noi andavano regolarmente agli allenamenti con le rispettive squadre in società diverse. Le ultime generazioni non hanno goduto di questa fortuna e come se non bastasse son o stati segregati, in tempi alterni, a casa a causa della pandemia. Ne è conseguito, fra un motivo l'altro, un naturale ritardo motorio tecnico tattico ecc...di gioco. Dopo queste considerazioni mi chiedo se è più utile ( i settori giovanili dilettantistici hanno la possibilità di allenarsi due o nel migliore dei casi forse tre allenamenti settimanali) sia più logico, svolgere gli allenamenti e tentare di colmare questo ritardo motorio di gioco di movimento o con esercizi con e senza palla a coppie o più giocatori, (come suggerisce la letteratura calcistica classica) oppure, come penso, sia più redditizio e utile immergere il giovane giocatore in allenamento in cui è il gioco e le situazioni sono i mezzi principali dell'allenamento. Il poter giocare deve essere al centro della programmazione degli allenamenti . Il gioco e le situazioni risultano essere vicine il più possibile alla partita reale.
RIFLESSIONI SITUAZIONALI
RAPPORTO MISTER - GIOCATORE
NELLA ATTIVITA' DI BASE E NON SOLO
Un ragazzo, un bambino che non gioca ha meno possibilità di scoprire e provare i propri limiti. Se non gioca cresce la paura di sbagliare e cala l'autostima. Attraverso il gioco il giovane giocatore trova una sua centratura un suo equilibrio. Il poter giocare lo rassicura lo rafforza. La sua crescita personale avviene attraverso il gioco. Il ragazzo se ha paura di sbagliare spesso è perché dietro c'è un mister che colpevolizza o peggio che l'ho umilia e lo rimprovera se sbaglia. Spesso il mister, anche se allena nella attività di base mette davanti a tutto la vittoria e il proprio riconoscimento. Tutto avviene a scapito del giovane giocatore che subisce inerte. Senza dubbio anche al giovane giocatore piace vincere, ma il vero fine che lo avvicina al calcio non è la vittoria ma il poter e voler giocare. Se non gioca il ragazzo perde la voglia di provare e calano e smettono le sue motivazioni. Se il mister non trasmette fiducia verso il giovane giocatore non prova e quindi non migliora. Il linguaggio del mister la comunicazione sono contagiosi. Attraverso il gioco e il clima sereno il giovane giocatore migliora e si sente capace, partecipe. Aumenta l'autostima. Non si può sottacere, sorvolare le responsabilità del mister. Cominciamo insegnare ai giovani il possesso palla, anzi il dominio palla. Obbligare e insegnare che la palla non scotta, seguire il principio che dice: " mi libero della palla o meglio la passo solo se sono certo dell'appoggio" Scaricare palla nei tempi giusti è senza dubbio dimostrazione di fiducia del compagno "ti consegno, ti passo palla perchè mi fido di te". Questo atteggiamento, questa scelta rappresenta il passaggio di crescita del giovane giocatore dal 'IO egoistico che si manifesta con il dribbling continuo dal noi ..Si fida trasmettere al compagno la palla. In questa seconda fase impara riconoscere il tempo esatto di gioco. Mi chiedo spesso perchè i mister, già con i giocatori in tenera età, valutano il giocatore bravo solo se gioca di prima? Al contrario io valuto positivamente un giocatore se salta l'avversario con un bel dribbling e non calcia la palla a caso. L'iniziativa , l'auto motivazione non deve essere soffocata o abbattuta dal mister....Anzi l'iniziativa deve essere spinta assecondata. Se un giovane giocatore accetta di impegnarsi in una situazione di difficoltà deve essere gratificato con incentivi positivi di rinforzo. La motivazione e il messaggio positivo del mister produce al ragazzo maggiore competenza e voglia di esplorare e superare i propri limiti. E' il mister con la sua comunicazione propositiva e positiva che influenza il giovane giocatore. Il mister è il vero responsabile che può agevolare trasmettere al giocatore il principi di "sentirsi capace" e di saper fare. Solo con l'intervento del mister produce maggior impegno ed efficacia della scelta . Senza incentivi e incoraggiamenti del mister il giovane giocatore si sentirà meno motivato a giocare , a provare. Con l'intervento incoraggiante, positivo del mister aumenta la capacità del giocatore di "farcela" stimolato appunto dalla comunicazione efficace del mister. Questo tipo di spinta motivazionale aumenta l'apprendimento e l'appagamento del giovane giocatore. Se invece il mister si lascia attraversare dal così detto "PESSIMISMO COSMICO" dopo una sconfitta o altro, genera al giovane giocatore solo sfiducia e la reazione che viene ricambiata, sono atteggiamenti nervosi e di insoddisfazione e molta frustrazione. Se il mister invece spinge il giocatore a riprovare con fiducia, dopo un errore tecnico o di scelta lo aiuta a migliorare la sua auto motivazione e autostima così migliora la capacità di cercare e superare i propri limiti attuali. Se il mister ,al giocatore, non coltiva e agevola l'auto motivazione avremo un futuro giocatore che si sottrae alle responsabilità espressione del gioco "palla lunga e pedalare" espressione negativa e superata. Spesso trovo mister che cercano di soddisfare i propri bisogni e ambizioni senza riconoscere i meriti le prospettive di miglioramenti dei giovani giocatori. E' importante educare, stimolare positivamente il giocatore cioè far uscire quello che è capace fare e che è già dentro. Il mister possiede gli strumenti per sostenere e rinforzare l'unicità del giovane giocatore. Deve promuovere l'impegno nonostante le difficoltà e le incertezze che il gioco del calcio presenta. Così facendo aiutiamo il giocatore ad aumentare la "resilienza al gioco" e accettiamo come un rischio misurato l'imprevedibilità e la sua complessità. Giocare senza arrendersi senza mai smettere nonostante le difficoltà mettendo in campo tutto il potenziale che ogni giovane giocatore possiede. Quando il rischio il coraggio e la volontà di prendere iniziativa vengono vissute con giusto equilibrio il giovane giocatore ne trae una esperienza positiva che porta ad una maggiore autostima. Il gioco testa serenamente le proprie capacità e il confronto con gli altri compagni viene vissuto serenamente e riesce dominare le situazioni ansiogene. Si possono riversare se sbaglia, non si deve sentire umiliato da mister e dagli adulti. Infine penso che se il giovane giocatore non gioca rischia di saturare rapidamente il suo interesse di fare sport e perde l'interesse per il gioco del calcio. Giocare gli consente di superare e dominare tensioni e situazioni ansiogene e di superare l'insicurezza che la sfida , il gioco comporta.
grazie
misterEzio